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chiesa di Santa Lucia di Mendola

L’abbazia di Santa Lucia della Montagna o di Mendola

di Marco Monterosso
l'abbazia

In territorio di Noto, ma non lontano da Palazzolo, la chiesa di Santa Lucia di Mendola rappresenta in maniera evidente quel processo che in età normanna trasformò i vecchi luoghi di culto rupestri, eredi del cristianesimo delle origini e poi del monachesimo italo-greco, in ricchi monasteri dotati di ampia giurisdizione temporale.

Il primordiale luogo di culto risale infatti ai primi decenni del IV secolo, secondo la tradizione, nel piccolo villaggio rurale limitrofo l’antica Acre, la vedova romana Lucia e il nobile Geminiano, miracolosamente scampati alla persecuzione di Diocleziano, svolsero una feconda missione di santità che li portò al martirio.

Successivamente sul loro sepolcro, divenuto centro di fervido culto, fu elevato da una facoltosa matrona, di nome Massima, un tempio i cui resti erano ancora visibili al tempo del Fazello (De rebus Siculis decades
duae, 1558).

L’abbazia di Santa Lucia della Montagna o di MendolaL’antico tempio, probabilmente abbandonato durante la dominazione araba, risorse sotto i normanni che vi
edificarono un complesso monastico benedettino posto alle dipendenze dal monastero di S. Maria e dei 12
Apostoli di Bagnara. Secondo l’atto di fondazione riportato da Rocco Pirri (Sicilia Sacra, 1a Ed.1630 1649) l’abbazia denominata Sanctae Luciae de Montaneis fu fondata nel 1103 dal conte di Siracusa, Tancredi d’Altavilla in suffragio dell’anima del figlio Roberto, già sepolto in “cimeterio Sanctae Luciae”.

L’atto fu sottoscritto oltreché dalla moglie del conte Muriella, dal figlio Riccardo, e dal nipote Guglielmo, anche dai maggiori esponenti della diocesi siracusana, allora in sede vacante, tra cui il decano Guglielmo, da Goffredo, priore di Santa Maria di Bagnara e da diversi baroni e ufficiali della contea di Siracusa. Alla costituenda abbazia, venivano assegnati, oltreché un estesissimo territorio, delimitato a sud dal territorio di Noto ed a Ovest da quello di Ragusa, anche 6 “villani”.

Nel corso dei secoli l’Abbazia segui le vicende religiose e temporali della “casa madre” di Bagnara finendo nel 1146 assoggetta, per volontà di Ruggero II e poi da una bolla papale, a quella di Cefalù. I frati di Bagnara e di Santa Lucia, dal 1192 appartenenti all’ordine dei canonici regolari di Sant’Agostino, l’anno successivo ottennero il titolo di abbate per il loro priore e le relative prerogative. Durante il pontificato di Papa Innocenzo III (1198-1216) recuperarono inoltre la loro autonomia staccandosi da Cefalù.

L’abbazia di Santa Lucia per lo spazio di diversi secoli visse in uno stato di grande floridezza, godendo tra l’altro di numerosi privilegi temporali tra cui, per l’abate, il diritto di sedere tra le fila del parlamento siciliano.

L’abbazia di Santa Lucia della Montagna o di MendolaCon un diploma di papa Sisto IV del 1477 il monastero di Bagnara, con le chiese annesse (compresa quindi
quella di S. Lucia), fu assegnato ai canonici di S. Giovanni in Laterano, da cui da allora dipese l’elezione dell’abate. Nel 1579 i canonici lateranensi vendettero però a Giacomo Ruffo, signore di Bagnara, tutti i beni spettanti a quella abbazia con i relativi diritti sulle suffraganee, riservandosi il solo diritto di elezione di abati e priori. Il successore Carlo Ruffo concesse il feudo di S. Lucia a Giuseppe De Martino con l’obbligo di corrispondere alla chiesa una determinata rendita per il mantenimento del culto, in seguito il feudo passò a Ponzio Valguarnera, che acquistò il titolo di Marchese di S. Lucia.

Il primo abate commendatario, eletto dal Capitolo Lateranense, fu il palazzolese Paolo Callari, che restaurò la chiesa, Vincenzo Campisi da Regalbuto, ultimo degli abati eletti dal Capitolo Lateranense, contribuì invece all’abbellimento del cenobio. Nel 1648 la chiesa di S. Lucia, divenuta intanto di “regio patronato”, fu concessa in commenda a Simone Fimia, che fu poi vicario generale dell’arcivescovo di Palermo. (T. Fazello,1558) L’abbazia in declino già dalla fine del XVI secolo e devastata dal terremoto del 1693 fu di fatto abbandonata finché, nel 1697, divenne un romitorio.

L’abbazia di Santa Lucia della Montagna o di MendolaNel 1704 uno degli eremiti, il sacerdote Corrado Scieri, chiedeva al vescovo di Siracusa “licenza di poter scavare nel luogo per portare alla luce i due santi, acciò ritrovati li detti corpi santi, colli suddetti sepolcri li potesse collocare nella chiesa dell’eremitorio nuovamente fabbricata da esso esponente” I due corpi dei santi non vennero mai ritrovati ma l’eremo comunque visse fino agli inizi del 1900 quando, insieme alla chiesa, venne restaurato da Fra Serafino Basile da Palazzolo. Nel 1933 il vescovo di Noto, Giuseppe Vizzini, elevò a parrocchia la chiesa rurale di santa Lucia, rendendola autonoma.

Foto dei frammenti tratte da: Giuseppe Agnello, Le sculture normanne di S. Lucia di Mèndola, in “Bollettino dell’arte” vol. 21 (1927/28) p. 586-595

di Marco Monterosso

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