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Il cenobio di San Marco

di Marco Monterosso
san marco

Dopo la conquista bizantina, nel 535 d.C., per quattro secoli la Sicilia sembra come riappropriarsi della sua antica cultura ellenistica, con “ripercussioni profonde ed innovatrici nello sviluppo della vita e della civiltà dell’Isola”.

Dal punto di vista religioso, tra il VII e IX secolo, “la storia della chiesa siciliana si confonde con quella dell’oriente” e la liturgia latina cede il passo ad un “invadente bizantinismo” con il sorgere di numerose comunità monastiche che contribuiscono a rendere più intensi, anche in campo culturale ed artistico, i frutti dell’occupazione politica.

Tra queste comunità rivestiva certamente un ruolo di rilievo il centro religioso di San Marco, nelle campagne netine, lungo il corso del torrente omonimo, “scoperto” da Paolo Orsi nell’ultimo decennio dell’Ottocento.

Impegnato ad esplorare il sud-est dell’isola alla ricerca di tracce della civiltà preellenica ed ellenica, Paolo Orsi s’imbatté infatti in diversi “monumenti bizantini” fino ad allora sconosciuti di cui, nel 1898, diede un prima sommaria descrizione.

In un suo articolo, intitolato “Chiese bizantine del territorio di Siracusa”, (“Byzantinische Zeitschrift”, VII, 1898) Orsi inserisce anche una breve descrizione del sito rupestre di S. Marco che “se non fosse profondamente alterato dalle offese dell’uomo e del tempo, costituirebbe uno dei complessi più importanti della regione siracusana”.

L’Orsi nel descrivere una “chiesetta a navata rettangolare, che finisce in un absidetta con volta a calotta” che data al VI secolo, avanza per primo l’ipotesi che questa poteva rappresentava il luogo di preghiera di una comunità religiosa, probabilmente basiliana, che abitava nel sito stesso. Nonostante tutto l’interno risultava coperto da “un eccellente stucco” Orsi non rinvenne tracce di affreschi, che avrebbero potuto meglio datare il complesso, ma solo una iscrizione in greco “in ricordo di un Servo di Dio Ouanakius, il quale impetrando soccorso e misericordia da Dio, compi nella piccola chiesa qualche atto pio o qualche offerta”.

Il cenobio di San Marco

Nel 1935 il sito è oggetto di un nuovo e più approfondito studio da parte di Giuseppe Agnello che pubblica un articolo dal titolo “Il cenobio di San Marco nel siracusano”, nel quale, pur confermando la datazione “bizantina” della struttura, la colloca più prudentemente tra il VI e il X secolo (“Per l’Arte Sacra”, XII, 1935).

Lo studioso canicattinese, nell’impossibilità di rinvenire notizie documentali tardomedievali, avanza l’ipotesi che sul sito “prima ancora dell’anno Mille ogni soffio di vita religiosa era probabilmente già spento” a causa dell’invasione araba o, più plausibilmente, di uno “spaventoso franamento”.

Nonostante “l’avviluppato ingombro delle macerie e le trasformazioni postume che hanno ridotto il gruppo delle escavazioni in oscure concimaie, in mandrie, in ricoveri di pastori” Agnello individua infatti la reale estensione della struttura, composta da due piani ben distinti. La parte superiore, quasi interamente crollata, destinata ad “abitazioni della piccola comunità” e quella inferiore con “due piccole chiesette, diverse per struttura e dimensioni, destinate allo svolgimento delle pratiche di culto”.

La più grande, di forma basilicale, constava di tre navate di cui solo la centrale, chiusa da abside, mentre una duplice serie di arcate – quattro per ciascun lato – sorrette da pilastri, ne stabiliva il collegamento.

Agnello riporta anche, nella chiesa più piccola, la presenza di una sorgente d’acqua che dalle profondità della rupe “scaturisce da un condotto tagliato nella zona mediana della base dell’abside”.

Il cenobio di San Marco

Successivamente nuovi studi per una maggiore comprensione del sito, saranno intrapresi da Aldo Messina che vista la presenza nella cripta più piccola di un sistema di canalette che, “probabilmente, dovevano servire ad alimentare la vasca battesimale ora distrutta”, individua in quel luogo il battistero del complesso (Battisteri rupestri e vasche battesimali nella Sicilia Bizantina, in “Archivio Storico Siracusano”, 1971).

Messina ritiene inoltre che il complesso doveva svolgere la funzione di “chiesa parrocchiale di uno dei casali che gravitavano intorno al priorato agostiniano di S. Lucia de Montaneis, oggi eremo di Santa Lucia di Mendola”.

(Le chiese rupestri del val di Noto, Istituto siciliano di studi bizantini e neoellenici, 1994).

Tenendo a mente gli studi citati il complesso rupestre di San Marco, immerso tra l’altro in un incantevole contesto naturalistico, merita certamente una visita.

Per consentire a tutti di ammirare i resti del cenobio l’amico Nino Formica, che ringrazio sentitamente, ha realizzato un breve video che potete vedere cliccando qui: https://youtu.be/E8HTkRtPYFU

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