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Giovani reclutate in Nigeria e costrette a prostituirsi in Italia: arrestata una “madame”

Giovani reclutate in Nigeria e costrette a prostituirsi in Italia: arrestata una "madame"

L’indagine ha origine dalle dichiarazioni di una giovane sbarcata ad Augusta riguardanti il pagamento di 30mila euro per le “spese di viaggio”

Giovani reclutate in Nigeria e portate in Italia con l’inganno per prostituirsi sotto minaccia dei riti woodoo.

Una “madame” arrestata dalla Squadra mobile di Siracusa su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania.

Ieri l’esecuzione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia cautelare in carcere, emessa l’8.2.2023 dal Gip dell Tribunale di Catania, nei confronti di una donna nigeriana (E.F.), che vive in provincia
di Foggia.

A suo carico è stata riconosciuta, allo stato attuale, la sussistenza di un grave quadro indiziario, riguardante diverse ipotesi di tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, aggravati dall’aver agito anche in danno di minori, dall’aver esposto le persone ad un grave pericolo per la vita e l’integrità fisica.

Avrebbe fatto loro attraversare il continente di origine sotto il controllo di criminali che le sottoponevano a privazioni di ogni genere e a diverse forme di violenza, ed, infine, le facevano giungere in Italia via mare a bordo di imbarcazioni occupate da moltissimi migranti, esponendole ad un altissimo rischio di naufragio.

Poi avrebbe contribuito alla commissione del reato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività delittuose in più di uno Stato; dei delitti di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, del delitto di sfruttamento della prostituzione nonché autoriciclaggio dei proventi dell’attività illecita.

Le indagini avrebbero permesso di individuare un flusso di giovani donne reclutate in Nigeria ed introdotte in Italia per poi essere avviate all’attività della prostituzione, mediante costrizione.

Nella quasi totalità dei casi le ragazze sarebbero state costrette a prostituirsi sotto minacciadi  riti Woodoo con minaccia di morte per le vittime e per i loro familiari.

Sotto l’intimidazione derivante dalla sottoposizione al  rito “Ju-Ju”, la madame sarebbe riuscita a convincere le vittime a scappare dai centri di accoglienza, dove erano state allocate dopo l’arrivo in Italia.

L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania e svolta dagli investigatori della Squadra Mobile di Siracusa, parte dalle dichiarazioni di una giovane donna nigeriana, che al momento dello sbarcoal porto commerciale di Augusta nel luglio 2016, riferiva di avere intrapreso un lungo viaggio in autobus dalla Nigeria fino in Libia e da lì verso l’Italia, attraversando il mare, contraendo un debito di 30mila euro quale corrispettivo per “le spese di viaggio”.

La giovane, ignara circa le sorti che l’attendevano in Italia, soltanto durante il periodo di “prigionia” in Libia avrebbe approso della sua futura destinazione al mercato della prostituzione, capendo di esser stata ingannata con false promesse subendo, tra l’altro, violenze fisiche e psichiche ad opera dei “sorveglianti” durante il soggiorno libico.

Una volta arrivata in Italia, decideva di chiedere aiuto e, dopo un primo contatto con personale dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, veniva sentita dalla Polizia di Stato.

L’attività avrebbe permesso di identificare la madame, ritenuta coinvolta in numerose vicende di tratta di esseri umani, alcune riguardanti vittime da essa stessa commissionate, altre riguardanti vittime “attese” da altre madame che le si sarebbero rivolte per l’organizzazione del viaggio delle vittime o per la loro gestione su strada una volta arrivate.

L’indagata, difatti, sarebbe risultata in grado di avvalersi di due “complici”che in Nigeria e in Libia la avrebbero aiutata nei vari segmenti della catena della tratta di esseri umani: un native doctor in Nigeria (addetto al reclutamento e alla sottoposizione a juju delle vittime) ed un cittadino nigeriano (addetto alla cura dei viaggi dalla Nigeria all’Italia, il quale si sarebbe occupato di ricevere le somme necessarie dalla indagata per poi provvedere alla corresponsione dei pagamenti agli smugglers per l’acquisto del cibo per le migranti in transito, alla gestione dei rapporti con gli smugglers e alla scelta del soggetto in grado di soddisfare meglio e più in fretta le richieste di imbarco).

La donna sarebbe risultata in grado di “gestire” nell’arco di pochi mesi il viaggio dalla Nigeria di almeno 8 ragazze (tre delle quali effettivamente giunte in Italia nello stesso periodo) nonché la prostituzione di due ragazze, controllando anche diverse postazioni lavorative di prostitute su strada.

L’indagine ha consentito, tra l’altro, di rilevare numerose transazioni economiche di denaro dall’Italia verso la Nigeria che sarebbero state effettuate dalla indagata, utilizzando denaro proveniente dallo sfruttamento sessuale delle vittime giunte in Italia.

La donna sarebbe riuscita a inviare continuamente somme avvalendosi dei servizi di altri connazionali che, al di fuori di ipotesi di concorso nel reato, avrebbero provveduto alle rimesse trattenendo una provvigione per l’attività
svolta.

Le rimesse sarebbero state reinvestite in pagamenti ai complici (al native doctor addetto al reclutamento e alla sottoposizione a juju delle vittime, ad un complice che si occupava dell’organizzazione e della gestione del viaggio dalla Nigeria all’Italia).

Sarebbero emersi tuttavia anche gli investimenti immobiliari realizzati in Nigeria.

Il modus operandi seguito sarebbe risultato abbastanza semplice ma efficace: l’indagata sarebbe stata difatti solita effettuare plurimi e continui trasferimenti di somme non sempre destinate alla stessa persona, ttraverso soggetti che offrivano il servizio di rimesse all’estero secondo un sistema non tracciabile di informal banking.

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