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La sconfitta elettorale del Pd nell’analisi di Salvo Baio: “Ha perso il rapporto con il popolo della sinistra”

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Sul piano siracusano non manca di ribadire la sua considerazione di un partito ridotto in un groviglio di correnti, incapace di formare un nuovo gruppo dirigente

E’ un Pd che ha perso il contatto con il popolo di sinistra quello che ha perso alle ultime elezioni: così la pensa Salvo Baio, esponente storico del partito che, poi sul piano siracusano non manca di ribadire la sua considerazione di un partito ridotto in un groviglio di correnti, incapace di formare un nuovo gruppo dirigente.

Ecco il suo intervento:

“La portata della sconfitta elettorale del Pd pone con forza il tema della natura del partito e della sua identità, e spinge tutti noi ad una profonda riflessione autocritica.

Le prese di posizione di dirigenti nazionali del Partito democratico convergono, sia pure con sfumature diverse, sull’esigenza di aprire una fase di rifondazione, il cui esito dipenderà dalle tappe congressuali indicate da Enrico Letta e dalla nuova leadership.

Andrea Orlando, leader della corrente di sinistra, ha lanciato la proposta di una nuova costituente basata su due punti: un progetto di radicale cambiamento e la nascita di un partito nuovo.

Proposta interessante, ma fumosa finchè non saranno specificati i tratti fondamentali del cambiamento e la fisionomia del partito nuovo. Ad esempio, il sistema delle correnti sarà superato o no?

Altro aspetto per me molto importante è la collocazione del Pd nel sistema politico prevalente in Europa che è caratterizzato dall’appartenenza dei partiti di sinistra alla grande famiglia socialdemocratica.
Il Pd fa parte del Partito socialista europeo e pertanto dovrebbe essere parte integrante della sinistra europea. Ma così non è, al punto che veniamo percepiti come un indistinto partito di centro.
Questo è un punto dirimente: o il Pd sarà un partito con una base politica e culturale e con un’anima di sinistra o continuerà ad essere, per citare Massimo D’Alema, un amalgama riuscito male.
L’unico che non ha esitato a dire che il Pd deve essere un partito di sinistra è stato Stefano Bonaccini e, per quanto mi riguarda, se si candiderà a dirigere il partito, lo sosterrò.
Essere di sinistra non è un’etichetta, ma un’idea di società, un insieme di valori che hanno come comune denominatore il contrasto alle disuguaglianze e alle povertà, vecchie e nuove.
Il Pd ha perso il rapporto con il popolo della sinistra. Rimane in sintonia con la borghesia delle Ztl, ma non fa più breccia tra i lavoratori delle periferie e dei piccoli centri. Non si è saputo adattare al cambiamento della società e ora non ci rono più rendite.
Il centrodestra ha preso più voti persino in Toscana e in Emilia. Non sono parole mie, ma di Filippo Andreatta, considerato “fratello” poltico di Enrico Letta.
Andreatta, va detto per correttezza, non condivide l’idea di dar vita ad un partito di sinistra, anzi prospetta due soluzioni alternative: rottamare tutti i dirigenti con il passato nei Ds o nella Margherita, oppure prendere atto del fallimento e scindersi.
Parole nette, che danno l’idea di quanto sarà bollente il dibattito congressuale.
Quanto al Pd siracusano, è ridotto, come vado ripetendo da tempo, ad un groviglio di correnti e correntine chiuse in un interno ed incapaci di produrre idee, iniziative, e di cogliere le istanze di rinnovamento e di formazione di un nuovo gruppo dirigente”.

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