A circa 1,5 km a est di Ferla, in località Piano Braida, lungo la strada che conduce a Pantalica, si trova un’area funeraria paleocristiana nota come “necropoli di San Martino”
Indagata per la prima volta agli inizi del Novecento da Joseph Führer, dell’istituto archeologico germanico, la necropoli si inserisce all’interno di un’area già occupata da tombe a grotticella artificiale dell’età del Bronzo, in qualche caso riutilizzate e parzialmente trasformate nella Tarda Antichità e nel Medioevo.
Nel cimitero cristiano sono presenti numerosi arcosoli, posti sulla parete rocciosa, e alcuni piccoli ipogei contenenti al loro interno sepolcri ad arcosolio e a baldacchino.
Tutte le tombe, disposte in piccoli gruppi, nei pressi di un antico percorso a gradini intagliato nella roccia, appaiono violate già in antico e utilizzate, fino a tempi recenti, per scopi agricoli o per il ricovero degli animali.
I due ipogei maggiori del complesso presentano diverse sepolture a “baldacchino” che prevedevano l’impiego di un sarcofago scavato nella nuda roccia, raccordato con la volta della grotta mediante quattro pilastrini poggianti sui rispettivi angoli.
Tale tipo di sepolcro rappresentava una forma di monumentalizzazione delle tombe che può essere messo in relazione con la sepoltura di personaggi importanti in campo religioso o ad esponenti di famiglie facoltose convertitesi al cristianesimo.
Quasi del tutto assenti nell’area occidentale dell’Isola e a Siracusa, le sepolture a baldacchino appaiono invece un elemento distintivo delle aree sepolcrali delle campagne iblee con parziali riscontri tipologici evidenti a Malta e in Puglia.
Originariamente nella cosiddetta “Grotta di Dionysios” dovevano essere presenti 6 sepolture a baldacchino oltre ad una decina di fosse terragne e diversi arcosoli.
Sul lato esterno il sepolcreto è preceduto da una piccola scalinata scavata nella roccia che permetteva di superare il dislivello.
A sinistra, accanto all’accesso della grotta, si trova il baldacchino da cui prende il nome l’ambiente dato che sulla sommità di uno di questi si legge l’iscrizione in greco: ΔΙΟΝΥΣΙΟΣ ΠΡΥΣΒΥΤΕΡΕΥΣΥΖ ΕΚΚΛΕΣΙΑ ΤH ΕΡΓΙΤΑΝH EΤH ΓΔ ΤΟΝ ΕΩΝΙΟΝ ΥΠΝΟΝ ΕΝΤΥΔΕ ΚΟΙΜΑΤΕ che gli studiosi hanno interpretato come: “Dionysios che ha svolto il ministero di presbitero nella Chiesa di Hergetion per 34 anni qui dorme il sonno eterno”.
Sull’origine del presbitero Dionisio sono state avanzate varie ipotesi tra cui la provenienza dalla città di Herbita, (nei pressi di Enna) oppure che Hergetion poteva essere il nome del piccolo villaggio che, prima della fondazione di Ferla, faceva capo alla stessa area cimiteriale. In base alle caratteristiche architettoniche e a considerazioni epigrafiche la grotta di Dionysios viene datata tra il V e il VI sec. d.C.
L’ipogeo di Sant’Anna si trova a breve distanza dalla grotta di Dionysios ma ad una quota leggermente superiore. Anche all’intero di questo sepolcreto sono presenti vari tipi di sepolture ma sono evidenti anche i segni di un suo riutilizzo come palmento.
Alla destra dell’ingresso è presente un arcosolio che presenta degli affreschi parietali ormai quasi illeggibili tra cui: una donna con bambino che alcuni studiosi hanno identificato in S. Anna con Maria neonata.
Un’altra figura di Santo, seppur di difficile identificazione, sarebbe invece San Pietro. Sulla parete più corta è presente una figura con il volto quasi illeggibile ma che un’iscrizione latina (NAST) farebbe identificare con Sant’Anastasia.
Foto di Angelo Magnano©
Rimandi bibliografici:
J. Führer – V. Schultze, Le sepolture paleocristiane in Sicilia, (trad. it. a cura di S.A. Cugno – G. Garro), 2016
V.G. Rizzone – A. Sammito, Sepolture di prestigio nelle catacombe di Sicilia e di Malta, 2017
S.A. Cugno – F. Dell’Aquila, Alcune osservazioni sui baldacchini rupestri dell’altopiano ibleo, 2017
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