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Il forte “Casanova” a Siracusa

di Marco Monterosso
casanova

Durante il regno di Federico IV (1355-1377) il proseguimento della guerra del Vespro si trasformò presto in una vera e propria guerra civile combattuta tra il partito dei “latini” capeggiato dai Chiaramonte, sostenuti dagli angioini e dal papato, e quello dei “catalani” capeggiato dagli Alagona e fedeli alla dinastia aragonese.

In questo clima di instabilità politica e di guerra per bande il potere monarchico appare debolissimo e i maggiori centri dell’isola sono alternativamente occupati da gente in armi dei due schieramenti. Il re è cosi costretto dalle circostanze ad affidare il controllo militare delle città demaniali ancora sotto il suo dominio a “capitani a guerra” che avrebbero dovuto essere dei plenipotenziari di sua fiducia ma che di fatto progressivamente trasformarono il loro incarico in signorie urbane, con tratti di spiccata autonomia e spregiudicatezza.

A Siracusa tra questi capitani emerge la figura di Giacomo Alagona, che di fatto governò la città per circa un trentennio. Figlio ultrogenito di Blasco (II), potentissimo capo della parzialità catalana e giustiziere del regno, Giacomo attraverso un ottimo matrimonio con Giovanna Lancia, riuscì ad entrare in possesso di numerosi feudi tra cui le “terre” di Ferla e Giarratana. Alla morte del padre, sotto l’orbita del fratello Manfredi, anch’egli nominato maestro giustiziere, il 12 maggio 1363, ottenne la nomina a capitano con cognizione delle cause criminali di Siracusa, carica che il 23 dicembre dello stesso anno, il sovrano gli concesse a vita.

La capitania a vita alterava però la stabilità del quadro politico cittadino, alimentando sensibilmente il malcontento del ceto dirigente che rivendicava il ruolo di primazia dei propri ufficiali, faticosamente raggiunto nei decenni precedenti.

Accusato di essere coinvolto nell’omicidio di Antonio de Regio, castellano del castello esterno (Marieth) e uomo di fiducia del re, fu temporaneamente rimosso dall’incarico ma già nel 1365 “essendo stato riconosciuto incolpevole” fu reintegrato.

Sanati gli iniziali attriti con il re l’Alagona risulta destinatario di numerose lettere che attestano la sua partecipazione, a fianco del sovrano, negli scontri con i chiaramontani. Nel 1369 “per i molti servigi resi” ottiene i proventi della gabella del quartuccio di vino di Siracusa e probabilmente in quegli stessi anni, come segno del suo accresciuto potere e prestigio, da avvio alla costruzione di una casa fortificata “vicino le mura della città presso la porta del conte Simone, la quale casa è detta volgarmente Casanova” e di un pontile nel porto piccolo.

Secondo Mirabella nella residenza era presente questa epigrafe: “HANC ALAGONA TUUS FELICEM CONDIDIT ARCEM / MAGNANIMUS JAYMUS: SIT NOVA DIETA DOMUS” (V. Mirabella, Dichiarazioni della Pianta dell’antiche Siracuse, 1613)

Il forte “Casanova” a Siracusa

In realtà i documenti relativi al forte Casanova sono alquanto contraddittori infatti se da un lato, nel gennaio del 1374 il re riconosceva, all’Alagona ed ai suoi eredi la titolarità del pontile e della casa fortificata dall’altro, già nel mese precedente, il forte appare inserito tra i castelli regi della città con la nomina di Bartolomeo de Lagabella a castellano, coadiuvato da 10 serventi.

(A. Marrone, Repertorio degli atti della Cancelleria del Regno di Sicilia, 2012) È probabile dunque che Giacomo Alagona, per aver pagato di tasca sua quei lavori, ne otteneva la titolarità ma che allo stesso tempo, fin quando non si fosse placato il conflitto, acconsentiva ad una diretta gestione della corona.

In questa fase l’Alagona appare infatti un uomo di provata fede regia e nel giugno 1374 risulta a fianco del sovrano nel recupero delle città ribelli.

Dopo la sua nomina a “consanguineo e consigliere regio” nel giugno del 1375 riceve, in vitalizio, 400 onze annuali sui proventi del portulanato del regno. Nell’ottobre 1376 a differenza di numerosi altri capitani, lascia pacificamente la capitania di Siracusa dopo aver ricevuto la nomina a cancelliere del regno e, in cambio dei proventi della gabella del vino di Siracusa, l’infeudazione della terra di Avola.

Dopo la morte di Federico IV nel 1377, osteggia però apertamente le mire aragonesi sull’isola, finché il matrimonio tra Maria, figlia ed erede di re Federico, con Martino il Giovane, lo induce a patteggiare una riconciliazione con i nuovi sovrani che però non produce gli effetti sperati. Dichiarato traditore, dopo aver subito la confisca dei suoi beni, fini decapitato nel 1393.

Il forte Casanova entrò cosi tra i beni del demanio regio tuttavia, sebbene il suo impianto è stato rappresentato in diverse piante del XVI e XVII secolo, non si conosce con precisione l’entità della struttura.

Sappiamo solo che consisteva in un recinto lungo circa 40 metri per 20 e comprendeva tre opere, due delle quali costituite da due alte torri.

Considerata inadeguata per l’uso dell’artiglieria, nel 1493 fu oggetto del primo intervento conosciuto nel processo di modernizzazione della cinta medievale essendo rafforzata da una “scarpa” e dotata di un torrione per i cannoni. (L. Dufour – H. Raymond, Siracusa tra due secoli, 1998) Danneggiata dal sisma del 1542 fu probabilmente rimaneggiata nel corso del XVI secolo.

Secondo una relazione anonima databile alla prima metà del Seicento, svolgeva tuttavia una funzione strategica insistendo su un’area della città poco protetta: “L’edificio antichissimo di Casanova fabricato di pietre quadrate con arteficio non solo guarderebbe la campagna incontro a lui, ma anco il porto e lo rimanente delle mura che si continuano, tra esso e il beloardo di San Giovannello”. (F. Fazio, La Graziella: trasformazioni urbane, 2013)

Il forte “Casanova” a Siracusa

Successivamente riadattata a prigione cittadina, la fortezza crollò parzialmente a causa del terremoto del 1693 e fu definitivamente demolita nel 1717, in vista di un imminente attacco spagnolo, per ordine del viceré sabaudo Annibale Maffei.

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