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Emigrati fingevano di risiedere in Italia per intascare l’assegno sociale. Sequestro per oltre 200.000 euro

Emigrati fingevano di risiedere in Italia per intascare l'assegno sociale. Sequestro per oltre 200.000 euro

Fra i falsi residenti che beneficiavano del sussidio anche un architetto

Emigrati fingevano di risiedere in Italia per beneficiare dell’assegno sociale.

I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina hanno sequestrato per equivalente oltre 200.000 euro nei confronti di sette emigrati di origini siciliane, accusati di aver indebitamente percepito, dal 2016 al 2021, l’assegno sociale, erogato dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale.

La sua concessione è vincolata non solo al rispetto di determinati requisiti reddituali, ma anche e soprattutto a requisiti anagrafici: essere cittadini italiani di età superiore a 66 anni e 7 mesi, con stabile e continuativa dimora nel territorio italiano per almeno 10 anni.

I destinatari del provvedimento cautelare, secondo quanto accertato, solo formalmente, risultavano essere rientrati in Italia da paesi sud americani o europei, aver ottenuto la residenza in piccoli comuni della fascia jonica della provincia peloritana (S. Alessio Siculo, Limina, Roccalumera), per poi, anche nel giro di pochi mesi, presentare richiesta di percezione del beneficio.

Dagli accertamenti disposti dalla Procura della Repubblica di Messina sarebbe emerso come si trattasse di un “fittizio trasferimento della residenza in Italia non appena raggiunta l’età minima per accedere alla prestazione previdenziale”.

I comportamenti dei 7 emigrati, documentati dalle indagini sono risultati i più disparati:

– per simulare il requisito della dimora abituale, è emerso come alcuni richiedessero di mantenere la residenza presso abitazioni di fatto mai abitate, dimorando stabilmente in Sud America, ovvero, in alcuni casi, risultassero iscritti nelle liste di locali medici di base, senza che questi abbiano mai effettuato visite domiciliari o addirittura averli mai conosciuti, ovvero ancora documentassero l’acquisto di medicinali presso farmacie del comprensorio (evidentemente avvalendosi dell’ausilio di terzi soggetti, verosimilmente in possesso della tessera sanitaria agli stessi intestata);

–  per simulare il requisito reddituale, in un caso, emergeva come il richiedente il beneficio previdenziale avesse rappresentato una fittizia separazione dal coniuge, persino omettendo di dichiarare l’attualità dell’esercizio della propria professione di architetto.

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