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Crisi della zona industriale, Baio: “I sindaci di Siracusa, Priolo, Melilli e Augusta devono scendere in campo senza incertezze”

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Il componente dell’Assemblea provinciale del Pd condivide il grido d’allarme lanciato dal segretario della Cgil, Alosi

La crisi senza precedenti che sta attraversando la zona industriale siracusana e il contestuale immobilismo della politica al centro di un intervento di Salvo Baio che raccoglie e condivide la denuncia del segretario generale provinciale della Cgil, Alosi.

“Il mondo politico nel quale sono cresciuto, di fronte al rischio di collasso della zona industriale, si sarebbe immediatamente mobilitato, sarebbe andato davanti ai cancelli delle fabbriche per difendere la produzione e l’occupazione, per dare solidarietà ai lavoratori e ai loro sindacati. Allora la mitica classe operaia era il nostro sangue, la nostra forza.

Il mondo politico del quale, a fatica, faccio parte oggi tace, è distratto, non fa sentire la propria voce. Ed è proprio questo immobilismo della politica, oltre alla debolezza delle istituzioni di governo, che rischia di trascinare la zona industriale “sull’orlo del baratro”, come denuncia giustamente il segretario della Cgil, Roberto Alosi.

Il “disimpegno politico-istituzionale” è nei fatti, secondo Alosi: da una parte il governo ragionale che richiede “con toni roboanti” al governo nazionale l’istituzione dell’area di crisi complessa e dall’altra il ministero competente che lascia scadere i termini previsti per il previsto parere, mandando in fumo la richiesta. Ma i lavoratori e le fabbriche chi li difende dai venti di crisi che soffiano sulla nostra zona industriale?

“Il rischio di una recessione tecnica dell’intero apparato industriale è sempre più vicino e con esso lo spettro di una recessione sociale ed occupazionale si fa sempre più concreto”: è il grido d’allarme di Alosi.

Cosa aspetta la politica a raccoglierlo con un’azione unitaria e una forte mobilitazione? I sindaci di Siracusa, Priolo, Melilli e Augusta devono scendere in campo senza incertezze.

Non è più tempo di stare a guardare o di mettersi la coscienza a posto con un comunicato di maniera. Se non c’è altra strada per salvare migliaia posti di lavoro e con essi le fabbriche, il modo politico deve prepararsi, come propone Alosi, “alla mobilitazione e alla pressione sociale”.

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