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In Sicilia, in estate, è tempo di Medioevo

di Marco Monterosso
sicilia

Sembra che i siciliani, specie in agosto, riscoprano una irrefrenabile passione medievale.

Da Piazza Armerina a Motta S. Anastasia da Calatabiano a Buccheri ogni anno decine di migliaia di persone accorrono in questi luoghi per partecipare ad uno dei diversi festival organizzati nella nostra regione.

Alcuni come il blasonato Palio dei normanni di Piazza Armerina si fregiano, oltre ad una tradizione lunga oltre settanta anni, anche dell’iscrizione nel Registro delle Eredità Immateriali (REI) della Regione Siciliana.

Altri, come il MedFest di Buccheri, giunto alla XXVIII edizione, possono vantare di aver accolto nel 2024 oltre 30.000 spettatori, numeri da record per un paesino che conta nemmeno 2.000 abitanti.

Questi festival, nonostante le evidenti differenze dovute alle particolarità storiche dei luoghi e con le dovute eccezioni, hanno grossomodo tutti lo stesso copione.

La trama ricalca infatti una indistinta immagine del medioevo tratta dai film e dalle saghe televisive che ci appassionano tanto, con riferimenti che vanno da re Artù a Brave Hearth, da LadyHawke all’imperdibile medioevo fantasy del Trono di spade.

In Sicilia, in estate, è tempo di Medioevo

E allora via con un’ordalia (e qui il termine calza proprio a pennello) di cortei, giullari, tamburini, sbandieratori, falconieri e mangiafuoco.

Unica piccola, e perciò perdonabile, divagazione storica la degustazione, in una delle immancabili “botteghe medioevali”, di un buon panino con salsiccia o di gustosi cavati al sugo.

In realtà, ma qui il professor Barbero non riesce proprio a farsi capire, qualunque rappresentazione credibile del Medioevo dovrebbe legarsi quanto meno ad un periodo circoscritto perché è evidente che i costumi di una fase storica lunga mille anni cambiarono ripetutamente.

Così come sarebbe utile, anche per non ricadere nella banalità dei nostri manuali scolastici che ci propinavano la storiella “dei vassalli, dei valvassori e dei valvassini”, concentrarsi anche su una determinata area geografica che, nel nostro caso, non può essere che quella siciliana.

Se così facessimo, è evidente, gran parte di quello che vediamo non dovrebbe avere uno spazio così totalizzante e dovremmo vedere anche dell’altro.

Se parliamo infatti, come sembra di capire, del Tardo Medioevo siciliano si potrebbe provare ad esempio a far percepire agli spettatori la laboriosità del lavoro di contadini e artigiani, la spiccata vocazione commerciale dei ceti urbanizzati o più in generale l’estrema religiosità degli uomini di quel tempo.

Si potrebbe provare a spiegare inoltre che anche in quella fase storica nei nostri paesi c’era già una certa mobilità sociale e che spesso alcuni notai, massari e gabelloti erano ben più ricchi degli stessi feudatari che governavano il territorio.

In Sicilia, in estate, è tempo di Medioevo

A scanso di equivoci non parlo di noiosissimi dibattiti storiografici, che sono consapevole farebbero crollare il numero dei partecipanti e inevitabilmente gli introiti di posteggiatori e “botteghe medioevali”, ma di alcune semplici aggiunte al copione.

Perché in questi festival sembrano scomparsi proprio i protagonisti stessi della storia che si vuol raccontare che non erano solo giocolieri, sbandieratori e nobili ingioiellati ma quegli uomini e quelle donne (cioè i nostri progenitori) che vissero, e in alcuni casi prosperarono, proprio nei cosiddetti “secoli bui” del medioevo siciliano.

Sembrerà strano ma ormai ne sappiamo abbastanza da poter delineare una storia coerente dei nostri paesi, anche di quelli più piccoli e oggi sull’orlo dello spopolamento, negli ultimi secoli dell’età medioevale.

Non si tratta di appesantire un momento di svago ma semplicemente di conferire a queste benemerite manifestazioni quel minimo di accuratezza storica in modo da renderle (anche) culturalmente utili. Per delle attività che sono generalmente finanziate con denari pubblici, non ci vedrei niente di male!

di Marco Monterosso

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