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al teatro comunale

Presentati i risultati della ricerca scientifica sull’ipotesi siracusana dei Bronzi di Riace

Lo studio è stato compiuto con approccio sistemico e multidisciplinare

I risultati di una ricerca multidisciplinare pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Italian Journal of Geosciences”, con il quale  diversi esperti, provenienti da più Università, hanno prodotto nuove evidenze scientifiche sulla cosiddetta “ipotesi siracusana” dell’origine dei Bronzi di Riace, è stato presentato oggi a Siracusa, al teatro comunale.

L’ipotesi siciliana non è del tutto nuova. I primi a parlarne tra il 1988 e il 1991 furono gli archeologi americani Ross Holloway e Marguerite McCann.

L’ipotesi è stata di recente ripresa da Anselmo Madeddu, autore del libro “Il mistero dei Guerrieri di Riace: l’ipotesi siciliana” , ed è balzata ulteriormente agli onori delle cronache per via delle rivelazioni comunicate alla stampa e alla magistratura da parte di alcuni testimoni (ad oggi otto) secondo i quali le due statue sarebbero state recuperate da esperti palombari già alla fine degli anni ‘60 in fondali molto profondi (oltre 70 m.) a Brucoli, insieme ad altre statue, e poi nascoste e rivendute ad archeotrafficanti calabresi.

Il professor Rosolino Cirrincione, direttore del Dipartimento di Scienze geologiche dell’Università di Catania, che ha coordinato un ampio gruppo di ricerca costituito da più specialisti (archeologi, geologi, paleontologi, biologi marini, archeometri, archeologi subacquei), per lo più ordinari e associati provenienti da 6 Università (Catania, Ferrara, Cagliari, Bari, Pavia e Calabria), con l’obiettivo di studiare la solidità scientifica dell’ipotesi siracusana.

Lo studio, il primo condotto sui Bronzi, con tale approccio sistemico e multidisciplinare, ha di fatto validato scientificamente l’ipotesi siracusana, giungendo alla conclusione che le celebri statue sarebbero state realizzate in una officina dell’area di Sibari e poi collocate nell’antica Siracusa al tempo dei Dinomenidi

E’ probabile, dunque, che le statue, dopo la conquista romana della città, siano affondate durante il trasporto nella capitale.

Infine, lo studio delle patine e delle concrezioni presenti sulla loro superficie ha dimostrato che i due capolavori dovettero sostare nei bassi fondali di Riace (8 metri) pochi mesi appena e, di contro, sarebbero giaciuti per oltre duemila anni in fondali molto più profondi (70-90 m.) e compatibili con quelli di Brucoli.

Dopo l’esposione dello studio da parte degli esperti che vi hanno contribuito, è seguito un dibattito sulla sinergia tra la geologia e l’archeologia.

La serata si è conclusa con una tavola rotonda sul tema “Archeomafia nella Sicilia orientale”.

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