Tra 15 giorni saranno depositate le motivazioni
Condannato a 3 anni e 2 mesi, a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, al risarcimento dei danni da quantificare in sede civile. Questa la sentenza emessa dal giudice Giulia D’Antoni a carico di Marcus Pota ritenuto colpevole di atti persecutori, simulazione di reato e diffamazione compiuti ai danni di Mirella Abela.
Mirella è la madre di Valeria Pandolfo, compagna e convivente di Pota, nella cui abitazione, a Prata Sannita, è stata trovata morta, in circostanze poco chiare, il 17 maggio 2021.
Nell’udienza di ieri, l’ultima, sono intervenuti nell’ordine il Pm, Andrea Palmieri, l’avvocata Gabriella Mazzone, legale di Mirella Abela, il difensore dell’associazione Rea, costituita parte civile, l’avvocata Antonella Giuffrida e l’avvocato difensore di Pota.
Il Pubblico ministero ha ripercorso brevemente gli anni di azioni persecutorie cui Mirella Abela è stata sottoposta da Pota, evidenziando che tutto è iniziato dopo che l’uomo, convivente di Valeria, aveva capito che Mirella poteva essere un ostacolo alla manipolazione della ragazza.
Da qui la fuga da Siracusa a Prata Sannita e l’avvio di azioni sempre più devastanti e destabilizzanti con l’inserimento del numero telefonico e delle foto di Mirella su chat a dir poco “particolari” il cui scopo era quello di colpire la sua sensibilità.
“L’obiettivo era il dileggio continuo” ha detto Palmieri, che ha concluso il suo intervento con la richiesta di condanna a 2 anni e 8 mesi.
L’intervento dell’avvocata Gabriella Mazzone ha puntato in maniera particolare sulla perizia del prof. Raffaele Sperandeo che ha consentito, insieme al perito di parte Dott.ssa Roberta Bruzzone, a differenza di quella del dott. Giordano, definita “lacunosa e contraddittoria”, di stabilire la capacità di intendere e volere e della capacità di stare in giudizio di Pota e che il disturbo dal quale è interessato non ha influito, né influisce sulla sua capacità di autodeterminarsi con specifico riferimento ai reati contestati.
“Mirella Abela da 5 anni – ha detto l’avvocata Mazzone, che ha letto in aula alcuni dei messaggi inviati da Pota per ribadire la violenza psicologica è stata sottoposta – è stata ininterrottamente vittima di persecuzioni con l’unico intento di annientarla, senza risparmiare tutti coloro che le sono vicini”.
La legale dell’associazione Rea ha appoggiato questa posizione, chiedendo una pena esemplare.
La difesa di Pota ha invece chiesto il riconoscimento del vizio di mente per il suo assistito.
Quindi la giudice, al termine del dibattimento, si è ritirata in camera di consiglio per decidere e dopo meno di un’ora ha reso pubblica la sentenza. Tra 15 giorni le motivazioni in relazione alle quali la difesa dell’uomo potrebbe formulare ricorso in Appello.
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